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ASSEGNO DI MANTENIMENTO. L’INDIRIZZO DELLA CASSAZIONE: INVESTIGARE SUL RAPPORTO DI FATTO

 Assegno di Mantenimento 

ASSEGNO DI MANTENIMENTO. L’INDIRIZZO DELLA CASSAZIONE:
INVESTIGARE SUL RAPPORTO DI FATTO

(AICIS) Il messaggio per gli investigatori privati e per gli avvocati divorzisti è molto chiaro. Ed è un messaggio che arriva, con ordinanza datata 16 ottobre 2020 direttamente dalla Corte di Cassazione. Per la revoca dell’assegno di mantenimento – secondo i giudici – occorre accertare che il coniuge separato, pur mantenendo domicilio e residenza diversi, ha di fatto una relazione stabile con periodi continui di convivenza con il nuovo compagno. Come? Dimostrando che, a dispetto delle apparenze, di fatto vive insieme ad altra persona con cui si vede ogni giorno e con la quale trascorre più notti nel corso della settimana.

Nel caso di specie, con questa innovativa pronuncia, la Corte di Cassazione ha dato ragione all’ex marito stabilendo che il diritto all’assegno di divorzio può venire meno nel caso in cui la donna abbia una relazione sentimentale con periodi più o meno lunghi di convivenza, tanto da rendere stabile la nuova unione. Secondo la Suprema Corte, nel caso in questione, era stato dimostrato che il rapporto era consolidato, come provato dalla frequentazione quotidiana, con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza. Circostanza sufficiente per ritenere la relazione fosse più che stabile. Secondo la pronuncia i periodi di convivenza con il nuovo compagno non devono essere considerati singolarmente, ma complessivamente: «La somma porta ad integrare il requisito della stabilità e della continuità che porta alla decadenza dell’assegno».

I trucchi più frequenti per evitare di perdere l’assegno? Li ha spiegati al quotidiano “Il Messaggero” l’avvocato Daniela Missaglia, divorzista e matrimonialista: «i coniugi separati o divorziati, destinatari di assegni di mantenimento mensili, escogitano trucchetti per non perderli». Uno dei più gettonati è quello di nascondere le nuove relazioni sentimentali stabili, che in molti casi comporterebbero la revoca dell’assegno. «Spesso vengono nascoste anche le convivenze di fatto, strutturando un sistema di pernotti random, distribuiti in modo da evitare quella continuità che potrebbe convincere un giudice a riconoscere, appunto, una convivenza o una relazione stabile: i compagni vengono ospitati per qualche giorno, a giorni alterni, nei week end, e il dato della residenza non viene mai modificato».

Il caso – La Corte d’appello di Reggio Calabria aveva disposto l’obbligo di corrispondere alla ex 400 euro al mese alla ex coniuge e aveva respinto l’appello nel quale lui chiedeva la revoca dell’assegnazione della casa coniugale. In Cassazione l’uomo aveva chiesto l’annullamento della sentenza, mentre l’ex moglie chiedeva di ottenere 700 euro mensili, sostenendo di non avere nessun reddito e che una relazione stabile e continua con un altro uomo non era mai stata dimostrata.

Secondo la Corte – che ha accolto il ricorso – l’errore dei giudici territoriali stava nel «qualificare la fattispecie giuridica di famiglia di fatto». Infatti – secondo la Corte – pur non essendoci una convivenza sancita dalla legge o dalla comune residenza, la relazione della donna doveva considerarsi stabile e pure datata, perché lei e il compagno, oltre a frequentarsi quotidianamente, trascorrevano molti giorni – notti comprese – nella stessa casa. Un rapporto pluriennale e consolidato, quindi, «pure caratterizzato da ufficialità, nonché fondato sulla quotidiana frequentazione con periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza». Se per la Corte d’appello si trattava di una relazione «non sufficiente per ipotizzare la creazione di quella nuova famiglia di fatto».

Il lavoro dell’investigatore: per il mondo dell’investigazione il messaggio è chiaro: quando il caso riguarda il diritto all’assegno (o l’entità dello stesso) non basta dimostrare che l’ex coniuge si è incontrato con un’altra persona, ma occorre dimostrare una continuità del rapporto, tanto da poter configurare una “convivenza”, anche se non permanente, di fatto.

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